LE FORME DI PRODUZIONE SUCCESSIVE

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NELLA TEORIA MARXISTA . 1960 . 1980
arteideologia raccolta supplementi
made n.14 Ottobre 2017
LA RIPRESA DELLE OSTILITÀ
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PREFAZIONE ITALIANA . 1 . 2

Preludio portoghese all'edizione Italiana

Alle diverse traduzioni del testo sempre più organicamente sistematizzato delle Forme abbiamo fatto precedere di volta in volta una prefazione che confrontasse la storia dei diversi paesi - Italia, Francia, Germania o Portogallo - con Ie leggi generali del progresso umano, al fine di collegarle alla loro base internazionale e di collocare in questo contesto la loro esperienza. Abbiamo inoltre tratteggiato il "contributo" apportato da ogni singolo paese all'insieme dell'umanità negli svolti decisivi della sua storia. Nel caso del Portogallo, ad esempio, la prefazione trattava essenzialmente di un punto particolare: la creazione del mercato mondiale agli albori del capitalismo, che diede slancio al colonialismo e fornì una larga base mercantile allo sviluppo del capitale nella produzione, attuatasi con un nuovo balzo rivoluzionario nell'Inghilterra del XVII sec.
E' di Engels la seguente formidabile sintesi dell'apporto del Portogallo al progresso mondiale dell'umanità. Esso non si estende semplicemente ai rapporti esistenti e a nuovi spazi geografici: "I limiti dell'antico mondo orbis terrarum furono infranti, la terra fu veramente scoperta allora per la prima volta, e furono gettate Ie basi per l’ulteriore commercio mondiale e per il passaggio dall'artigianato alla manifattura, che a sua volta rappresentò il punto di partenza per la grande industria moderna. La dittatura della Chiesa fu “infranta (azione sulle sovrastrutture}: i popoli germanici la respinsero senz'altro nella loro maggioranza e accolsero il protestantesimo, mentre tra i latini si andava sempre più radicando un vivace libero pensiero, mutuato dagli arabi ed alimentato dalla filosofia greca allora riscoperta (dall'iconoclasta atto materiale della rottura delle frontiere del mondo antico), che preparava il materialismo del XVIII secolo. Fu il più grande rivolgimento che l'umanità avesse finora vissuto: un periodo che aveva bisogno di giganti - e che li generò".[1]
Un nano, il Portogallo, divenne questo gigante al fianco delle Fiandre e della Spagna, i quali tutti raccolsero l'eredita della prima nazione capitalista - sotto l'egida della potenza militare internazionale della Chiesa di Roma - all'epoca delle Crociate che favorirono la fioritura di Venezia, Pisa e Genova; la loro rete marittima raggiunge ora l'India e l'America partendo dalle nazioni dell'Europa occidentale situate sulla costa atlantica, verso Ie quali si è spostato il centro di gravità del nuovo mondo.[2] Ecco quello che afferma Engels a proposito del piccolo Portogallo: "Nella penisola iberica due ceppi linguistici romani si unirono per formare il regno di Spagna, quando il regno di Aragona dall'idioma provenzale si sottomise al castigliano come lingua scritta; il terzo ceppo unificò il suo territorio linguistico ad eccezione della  Galizia, per formare il regno di Portogallo (questa Olanda iberica) quando si allontanò dall'interno e dimostrò, con la sua attività sugli oceani, di avere diritto ad una esistenza separata".
Le nazioni moderne cominciarono a fiorire, mentre la vita si ritirava dalla madre Italia e dalla Germania: "In tutta l'Europa non vi erano che due paesi in cui il regno e l’unità nazionale, impossibile allora senza di esso, non esistevano o non erano esistiti che sulla carta – l’Italia e la Germania".[3]
Quest'impresa mondiale di un paese tanto piccolo non è evidentemente - lo si vede bene - frutto delle sue sole forze; ma si tratta del gesto epico di un paese all'avanguardia del movimento generate. Storicamente la sintesi nuova di tutte le spinte sociali dell'epoca si manifestò nel dislocamento verso l’Atlantico delle forze del progresso, che nel Mediterraneo hanno avuto la loro incubazione e hanno svolto la loro opera sviluppandosi fino alla dissoluzione nella madrepatria – l’Italia.
Se nella spiegazione dello sviluppo sociale il marxismo parte sempre dal campo di forza totale rappresentato dal mondo intero e dalla storia e dall'economia di tutta l’umanità, non per questo esso minimizza i fattori locali, quali la nazione, che per un certo periodo - e non più a lungo - concentra e centralizza in una manifestazione particolare, per forza di cose limitata, una prima spinta dell'umanità verso una nuova e superiore forma di organizzazione nelle società di classe - come è il caso del capitalismo che nasce nel quadro nazionale.
Il marxismo non procede come la falsa scienza borghese, che fa iniziare ad esempio la storia dei Greci e dei Romani dal loro insediamento nei rispettivi paesi, occludendo in tal modo ogni possibilità di scoprire di quei popoli e l’origine e le spinte internazionali che li hanno fatti nascere e continuano a spingerli in avanti. Inoltre, il marxismo - come attestano le Forme - integra sempre i fattori economici alle sue spiegazioni storiche perché decisivi per lo sviluppo e il declino di un paese. Ci siamo dovuti perciò inoltrare nel labirinto degli studi classici dei borghesi per ritrovare, dopo minuziose ricerche, l’itinerario seguito da Greci e Latini prima della loro sedentarizzazione sulle rive del Mediterraneo per illustrare la progressione storica della forma  secondaria dall'Asia in Europa. Marx stesso ce ne aveva fornito la chiave, segnalando che l’India, ossia la forma asiatica, ne era stata la madre, e dunque la causa iniziale.

Rivoluzione e controrivoluzione

Questi necessari sviluppi - data I'ampiezza assunta dal testo delle Forme - sul filo delle successive edizioni ci hanno indotti a preparare una serie di monografie specifiche, due delle quali centrate sull'esperienza storica ed economica della nostra penisola. Il contributo Italiano alle Forme - per via della sua situazione-chiave e della sua lunga storia - è infatti particolarmente importante e multiforme e solleva fondamentali questioni per le sue implicazioni universali, in quanto, data la sua situazione geografica e la sua economia di volta in volta schiavista, mercantile e borghese, essa è aperta a tutto il mondo e poco protetta nazionalmente dalle invasioni e influenze delle forze egemoni mondiali, prestandosi le molte isole delle sue interminabili coste ottimamente da base per allestirvi preparativi di aggressione.
La storia dell'Italia ci fornisce un esempio classico che chiarisce il rapporto essenziale di rivoluzione e controrivoluzione nel succedersi delle formazioni sociali e produttive. Dopo una prima vittoria storica sul suo terreno, il nuovo modo di produzione borghese vi ristagna, per essere in seguito nuovamente assorbito ad opera del modo di produzione anteriore in cui resta immerso fino al XIX secolo, mentre il capitale riprende altrove la sua corsa con maggior vigore, ampiezza e profondità.
Questa questione delta rivincita di una forma di produzione superata su una forma nuova, superiore, è oggi assolutamente fondamentale per il proletariato, che fu sconfitto ad opera dei suoi avversari borghesi coalizzati una prima volta al tempo della Comune di Parigi e una seconda volta in un processo graduate - come in Italia - quando la dittatura rossa, peraltro saldamente in sella nella Russia del tempo di Lenin, è degenerata sino a ricadere al livello di quel capitalismo che nella lotta, contro lo zarismo e la borghesia russa era stato per alcuni anni superato. Tale fenomeno di declino e di rinculo sotto l’azione della controrivoluzione, ben lungi dall'essere nuovo, è anzi universale, avendo variamente interessato quasi tutti i paesi del mondo.[4]
Per tutti, varranno gli esempi della riedizione negli Stati Uniti nel 1860-65 della rivoluzione borghese che era stata limitata nel 1775-83 a 13 Stati; dei tentativi reiterati di rivoluzione borghese in Germania nel 1525, 1805-6, 1813, 1830, 1848, fino alla sua riuscita nel 1866-71 su un territorio amputato dell'Austria, ecc. A questo proposito, l’Italia ha mostrato, per così dire, questa via a tutti gli altri paesi. Non è stata forse la prima a fare la sua rivoluzione borghese che la mise alla testa di tutti i paesi capitalisti del mondo nella gloria e più ancora nell'onta?
Un tale apporto - per la luce che getta sui meccanismi del capitalismo - merita un esame più dettagliato di quanto non consenta il presente testo-sintesi, e sarà ripreso nella nostra monografia dedicata all'Italia.
Tale questione del rapporto tra rivoluzione e controrivoluzione ne richiama altre, in ispecie quella di sapere in quale misura una data forma di produzione ha fatto il suo tempo, e deve cedere - dove e come - il posto a una forma superiore. Questa involuzione nelle società di classe discende dal fatto che esse sono antagoniste a tutti i loro livelli e seguono in genere un corso contrastato, segnato di vittorie come di disfatte a piccoli lembi - nazione dopo nazione - complicando lo sviluppo all'infinito. Di più: la stessa rivoluzione è borghese, ossia va a profitto di una classe dominante sfruttatrice.[5]
Dal momento in cui la borghesia giunge al potere. Ie volontà della rivoluzione si realizzano infatti in condizioni di alienazione e di oppressione, e gli interessi generali che hanno fatto muovere Ie masse e, a dati svolti, tutte Ie classi della società, sono monopolizzati dalla sola classe dominante. Inoltre, questa si impadronisce dei frutti degli sforzi delle forze internazionali che Ie hanno aperto un varco e usurpa il lavoro accumulato da tutte Ie società e generazioni precedenti - e la borghesia al potere sfrutta tutto questo nel meschino quadro nazionale ad essa proprio. La sua azione complessiva ne è impregnata: ad esempio, i vari Napoleoni condussero Ie guerre di liberazione nazionale in Italia, Germania, Polonia, Spagna, ecc. Sotto la spinta, alla scala internazionale, delle forze moderne; pur facendosene loro esecutori testamentari, ne approfittarono per saccheggiare e annettere ricchezze e province intere alla nazione francese, cioè alla borghesia. Tuttavia il criterio rimane sempre internazionale e si misura in funzione delle potenzialità che ancora racchiude nel suo seno la forma di produzione e di società.[6] Ciò spiega, ad esempio, la vittoria del capitalismo nella Francia del 1815, nonostante la disfatta militare finale.
Mentre nel testo-sintesi delle Forme mettiamo in evidenza gli ingranaggi e la dinamica di tutto lo sviluppo sociale, nella monografia "Italiana" vedremo l’applicazione delle leggi e meccanismi generali alle condizioni storiche, economiche e sociali di questo paese. Il tema Italiano richiede letteralmente questo modo di spiegazione di portata internazionale.
Il segreto dell'ascesa nazionale del Portogallo (come della Spagna, dei Paesi Bassi, della Francia e in certa misura dell'Inghilterra) sta in ciò, che essa è stata, a titolo diverso, opera del primo paese capitalista, appunto l’Italia, che, svuotata delle forze vive, degenerava, ristagnando per secoli fino al Risorgimento - ed è un fatto determinate e per nulla accidentale. Non v'è dubbio che a fallire in questo crollo sono state Ie forze nazionali Italiane, che non furono mai in fondo altro che l’'espressione di spinte più ampie su un terreno limitato e che mai pervennero a mantenere ne a sviluppare quanto avevano seminato presso altri. Miseria della grandezza nazionale, o meglio vacuità della nazione, assolto che sia stato il compito rivoluzionario del capitalismo: la sua instaurazione.
Già la prima rivoluzione borghese, l’esempio Italiano, fa apparire in tal modo che la ruota della storia prosegue più lontano il suo corso progressivo, e mette in luce la precarietà estrema del fattore nazionale, che è fattore progressivo solo fino alla sera della vittoria del capitale, allorché il popolo si scinde in classi opposte, in quanto l’antagonismo tra operai e borghesi domina ormai tutti i rapporti. Lo stesso Risorgimento si effettuerà sotto la direzione della borghesia soltanto dopo che questa avrà battuto, tradito e venduto il proletariato Italiano.

Legame delle Forme con la pubblicazione seguente

Essendosi oggi il capitalismo esteso al mondo intero ed avendo reso ovunque unitarie Ie strutture, i costumi e il modo di attività, essendosi pure dato a Washington un comitato universale di gestione borghese che aspira alla direzione unica, ed essendosi Ie comunicazioni sia fisiche di merci e di persone che intellettuali della scienza, dell'ideologia e della propaganda serrate in una rete che forma un unico blocco, gli avvenimenti - siano essi politici!, militari o economici - non sono più ormai localizzabili in un luogo o in un paese, ma trovano origine e hanno ripercussioni nel mondo intero. Cosi si parla spesso più della Cambogia o di Israele, della Russia o del Salvador che dei fatti avvenuti nella propria provincia. In ogni caso, tutti sentono che questi sono più importanti per la propria vita, dacché il capitale dà un netto primato all'economia, che determina gli avvenimenti politici! e sociali. Il petrolio ha, ad esempio, maggior importanza della raccolta locale di palate, cosi come Ie Olimpiadi sono più importanti! della squadra del paese, in quanta Ie loro implicazioni sono più universali e politiche. Questo universalismo borghese è orizzontale nel presente e verticale nel passato. Infatti, facciamo derivare, nella nostra concezione storica. Ie grandi linee della spiegazione del capitalismo moderno da un materiale storico che per il 90% risale a prima del tempo di Marx, anche nel senso che i fenomeni posteriori non arrecano affatto sconosciuti modelli, cosi come Christian Dior non fa che copiare dall'Atene periclea, dal Rinascimento Italiano, dal Termidoro francese: Hollywood dal paradiso terrestre.[7]
Colui che al mattino si infila i blue-jeans senza dubbio ignora che il blu che fa scivolare sulle chiappe proviene da procedimenti messi a punto nelle tintorie sfruttate dai Romani sulle coste dell'Africa del nord, che il taglio cosi ricercato è preso a prestito dai vaccai d'Europa che emigrarono nel Far West, che i bottoni provengono dalle manifatture del Terzo Mondo sfruttate dalle multinazionali, ecc. ecc. - e il piccolo borghese scimmiotta la sua andatura sulla star di Cinecittà con Ie sue arie romantiche e cosmopolite che ne fanno un camaleonte inconsistente, o addirittura una marionetta Ie cui fila vengono tirate da potenti monopolisti In tutti i paesi del nostro bel mondo. Il capitale fa di ogni erba un fascio, e rastrella in tutti i modi di produzione anteriori i suoi procedimenti e Ie sue tecniche, Ie sue macchine, i suoi metodi di presentazione e di vendita, ecc. ecc.
Allo stesso modo, gli avvenimenti che scoppiano ovunque spontaneamente non sono che la somma di rapporti e di strutture la cui origine è lontana, non solo nello spazio, ma anche nel tempo. Il nostro metodo, tutt'altro che immediatista, del Filo del Tempo, è clamorosamente confermato dalla storia concreta che è anzitutto sintesi di tutto il passato, Ie cui contraddizioni accumulate formano oggi una valanga e provocano gli urti maggiori negli avvenimenti che quotidianamente vengono riportati - e i cui colpi, come ognuno avverte, scuotono oggi Ie strutture e Ie istituzioni sclerotizzate della vecchia società capitalista in delirium tremens sotto l’effetto ormai irresistibile di forze storiche che si scontrano ovunque con gli ostacoli posti dalla grande centrale controrivoluzionaria di Washington, che poggia, per sopravvivere, su tutte Ie vestigia del passato.

La successione delle forme di produzione e di società con la loro sintesi e intreccio nell'attuale dinamica sociale appare in filigrana in tutta l’attualità, comprensibile solo da questa angolatura. Proprio per questo, abbiamo fatto seguire direttamente il presente testo sulle Forme, che svela la meccanica e la traiettoria delle società di classe, da uno studio sull'attuale rapporto di forza delle classi e dei modi di produzione nel mondo al momento dell'urto tra capitale e comunismo che costituisce la trama di tutti gli attuali soprastaiti dacché il sistema economico e sociale borghese è entrato in crisi storica.[8]

Schieramento delle forze e centro di gravità storico

Uno dei maggiori sviluppi della monografia che esce contemporaneamente alle Forme è costituito dall'illustrazione nello spazio del trapasso da una forma di produzione all'altra con lo spostamento delle linee di forza nel corso della contrastata progressione delle forze economiche e sociali dell'umanità. Sottolineiamo fin d'ora il legame esistente tra Ie Forme e questo testo. Le prime espongono Ie leggi generali dello sviluppo sociale e il secondo stabilisce come tale progredire avvenga da un paese e continente all'altro.
Cosi, per quanta riguarda la forma secondaria che introdusse le società di classe, seguiamo la sua progressione dalla forma-madre asiatica alle forme schiaviste dell'antichità classica della Grecia e di Roma, attorno al Mediterraneo da una parte, alla forma germanica, nel cuore del continente europeo, dall'altra. Passiamo in tal modo dal piano astratto delle norme generali al loro movimento concreto nella storia. A questo punto entrano in gioco i fattori geografici e storici determinati, quali la situazione della Grecia e dell'Italia sul Mediterraneo. E' molto interessante constatare ad esempio che Roma soppiantò Atene per via della situazione strategica dell'Italia, questo relais nel movimento universale che allora tendeva ad estendersi all'Europa occidentale a partire dall'India e dall'Egitto. La Grecia, che si era appropriata le conquiste sociali e industriali del Media Oriente dando loro una forma più alta - lo schiavismo nella produzione - non giunse a battere in breccia l’Oriente e a "civilizzarlo", esaurendo cosi la sua "missione storica" e passando la fiaccola alla barbara Roma in un movimento che doveva raggiungere in seguito l’Europa occidentale passando per le vie che collegano l’Italia alla Germania a Nord-Est, alla Francia e alle Fiandre a Nord-Ovest e alla penisola iberica ad Ovest. Concentrando tutto il progresso dell'umanità nella penisola italica, Roma preparava il trapasso al feudalesimo e - dopo un breve interludio - al capitalismo. Vi troviamo dunque i lontani prodromi del movimento universale mercantilista che - dopo aver fatto il giro del pianeta - permise al capitate di estendere i propri rapporti monetari e mercantili al processo di produzione in Inghilterra, per ricominciare - questa volta in direzione dell'Est - con forze schiaccianti, la riconquista del mondo, raggiungendo la Francia nel 1789, la Russia nel 1917, l’India nel 1945 e la Cinadna nel 1949.
E' del più vivo interesse smontare la meccanica di tali spostamenti delle linee di forza nello spazio e nel tempo. Il suo motore è essenzialmente economico. Il tracciato delle vie commerciali mondiali è strettamente collegato alla dinamica del centro di gravità della storia umana nello spazio e nel tempo, ma non ne rappresenta che un aspetto, anche se fondamentale. Un altro - almeno altrettanto decisive - e il flusso delle razze, barbare, giovanili forze rivoluzionarie, portatrici del fattore dei nuovi rapporti sociali, che permettono il salto qualitativo da una forma di produzione all'altra. Alla fine di un modo di produzione, il centro dove sono accumulate le forze produttive si trova in opposizione al tracciato della talpa della rivoluzione, e il loro punto d'incontro - meglio, di scontro - costituisce un nuovo centro di gravità storico donde parte la forma nuova. La spinta economica è andata nell'antichità da Oriente ad Occidente nel Sud dell'Europa, nel Mediterraneo, mentre l’elemento di rivoluzionamento della forma di produzione e venuto, partendo dall'India, attraverso il continente europeo sotto forma di migrazioni dei popoli ariani. La feconda congiunzione dell'economia sviluppata di Roma con i giovanili rapporti sociali degli invasori barbari germanici diede origine in Francia alla forma feudale più classica.
I diversi percorsi sono dunque null'altro che i punti strategici ove si riannoda, nel dato rapporto delle forze, il destino dei van paesi e continenti. Questo studio introduce del tutto naturalmente la monografia seguente sulla questione militare, più attuale che mai nell'epoca in cui il capitalismo è gravato da tutte Ie contraddizioni accumulate dalle successive società di classe. Che l’urto sia inevitabile e Ie forze in lotta gigantesche si vede già dal fatto che alla fine di questo dopoguerra il corso del capitalismo si è letteralmente imballato, dal momento che almeno tre continenti di quasi tre miliardi di uomini hanno compiuto in neppure cinquant'anni quella rivoluzione borghese che all'inizio del capitalismo l’Italia, con cento volte meno abitanti, ha impiegato cinquecento anni a realizzare. Una simile massa lanciata con tanta forza ed accelerazione non può essere arrestata da nessuna potenza costituita al mondo, e meno che mai dal senile capitalismo bianco in crisi totale.
La citazione seguente di Engels mostra come tutto questo movimento del passato, ben lungi dall'essere abolito, è oggi concentrato nella dinamica del capitalismo, che - invece di risolvere Ie contraddizioni di tutte Ie forme passate - Ie ha aggravate e addirittura esasperate, giacché sono il motore del suo sviluppo: "Ai giorni nostri, gli avvenimenti si susseguono a una velocità fantastica, e ciò che una nazione non è giunta a compiere in un intero secolo, può facilmente superarlo attualmente in uno o due anni".[9]

La spinta dei nani

Quando il centro di gravità si spostò dall'Italia in direzione Ovest e Nord-Ovest, la borghesia Italiana si sgonfiò, mentre i nani portoghese, spagnolo e olandese sentirono Ie loro ali gonfiarsi. Il loro principale merito fu di trovarsi sull'asse centrale delle nuove vie commerciali mondiali, che dal Mediterraneo si prolungavano verso l’Atlantico: i Paesi Bassi, commercialmente attivi con l’Italia, grazie ai loro porti del mare del Nord e delta Manica in direzione del Canada e degli Stati Uniti, vennero a trovarsi nel nuovo punto nevralgico, mentre la penisola iberica costituì una vera e propria piattaforma girevole verso l’America centrale e meridionale, l’'Africa e l’India, in una posizione ancora migliore dell'Olanda, che venne infatti ben presto soppiantata dall'Inghilterra, che la farà ricadere nel feudalesimo e, contemporaneamente, non avrà più rivali borghesi sul continente, nuovamente immerso nel feudalesimo.
Poiché il mercantilismo - contrariamente alla produzione industriale - non esigeva una vera rete nazionale, la Spagna, il Portogallo e i Paesi Bassi poterono spontaneamente ereditare lo sviluppo mercantile internazionale, diffuse verso di essi a partire dall'Italia. Essi non si limitarono a riprendere la sola attività commerciale, legata del resto all'industria del trasporto, all'arte militare, ecc. Questi nuovi arrivati utilizzarono sia i capitali che Ie tecniche marinare e persino equipaggi e uomini venuti dall'Italia che armarono Ie navi fino in capo al mondo. Il mercato mondiale e il colonialismo, sviluppati nel bacino del Mediterraneo, conquistavano l'universo: quanto pesa in confronto il declino nazionale dell'Italia dal XV al XIX secolo!
L'affarismo dei mercantili Italiani se ne fregava infatti completamente del principio nazionale, quello stesso principio che oggi gli ideologi traditori dei pretesi partiti operai vorrebbero inculcare ai proletari. Come Ie altre, Ie classi dominanti Italiane sfruttarono per sé tutte Ie conquiste che il mondo aveva sviluppato nel paese per l’universale profitto [10], e lo spirito cosmopolita di quest’epoca riflette al meglio la frenesia di sfruttare Ie nuove conquiste.
L'aperto cinismo dei dominatori è sempre preferibile alle loro arie melliflue e ipocrite. Ad esempio, nell'epoca in cui gli Angioini regnavano contemporaneamente su dodici paesi d'Europa e anche più tardi, i principi applicarono Ie teorie, non del tutto menzognere per i sudditi, elaborate da Macchiavelli. I Mazzarino, i Medici, e i Pozzo di Borgo, questi prodotti teorici delle condizioni Italiane, regnarono indistintamente per Ie monarchie assolute, progressive o controrivoluzionarie che fossero; mentre gli architetti e gli ingegneri Italiani costruivano sia i palazzi dei feudali, che Ie città e gli empori dell’Europa moderna, e Ie tecniche sviluppate dal Rinascimento Italiano riscuotevano un "folle successo" su tutto il continente. I primi industriali tessili inglesi vennero a rubare i procedimenti e i meccanismi delle macchine sviluppate dalla precoce Italia, madre di tutte Ie borghesie d'Europa e del mondo, in un 'epoca in cui il nazionalismo non era ancora esacerbato dallo sviluppo capitalista.
Il declino dell'Italia dopo il XV secolo fece sì che gli artigiani, i contadini e gli operai Italiani sciamassero in tutto il mondo. Questi lavoratori italiani immigrati oltre che I'altèra Pietroburgo hanno edificato Ie città dell'Argentina, New-York e i sobborghi parigini. Anche quando il capitalismo si sviluppa nella produzione dopo il "sussulto nazionale" durante e dopo il Risorgimento, Ie cose rimangono immutate e nulla vi cambia neppure la frenetica industrializzazione di questo dopoguerra che ha moltiplicato di otto volte la produzione industriale. Infatti, statistiche più o meno ufficiose ammettono che almeno cinque milioni di persone sono permanentemente disoccupate, senza contare quanti milioni hanno perduto il lavoro che svolgevano in periodo di boom economico, che riceveva impulso dall'estero. Dall'inizio alla fine del capitalismo, la nazione cessa di esistere di fronte alle ineguaglianze economiche - e l’Italia ne costituisce un esempio lampante, su questo come su tanti altri punti, a conferma delta formula del Manifesto; il proletariato non ha patria.
Questa prima rivoluzione borghese che si realizzò senza l’esigenza dell'unità nazionale Italiana sembra aver compiuto per l’Italia un passo indietro gigantesco in confronto alla grandezza dell'Impero romano. Il capitalismo vi trionfò infatti soprattutto al Sud e al Centro e anche qui solo nelle principali città. Esso diede maggior importanza all'umanesimo e al cosmopolitismo borghese, tendenti verso un certo universalismo, che non all'imperialismo e ai tratti nazionali distintivi e particolari, limitativi (l'Italianità, ad esempio). Questi caratteri più aperti ed espansivi corrispondevano alla natura rivoluzionaria del capitalismo esordiente, che diffondeva il nuovo modo di produzione nel resto del mondo (certo per saccheggiarlo). Per contro, invecchiando il capitate si accartoccia e si rinchiude su se stesso opponendosi a tutti gli altri: si fa nazionalista e tende ad ostacolare la propagazione del capitale per monopolizzarlo - come avvenne fin dal 1793 per l’Inghilterra che si alleò alla Russia feudale per impedire il sorgere di una nazione borghese rivale sul continente - in Francia.
Il rimarchevole articolo di Marx su La Sicilia e i siciliani [11] rileva l'analogia essenziale esistente tra Sicilia e Stati Uniti riguardo al loro miscuglio di razze come fattore importante per il dinamismo, l'iniziativa e l'apertura di spirito di questi popoli, legati l'uno all'altro nonostante Ie migliaia di chilometri che li separano nello spazio. Il carattere imperialista, predatore, mafioso della politica yankee ha lontane e profonde radici nel primo paese borghese del mondo - e soprattutto nella sua parte più colonizzata e sfruttata che fu e resta la Sicilia.
D'altronde, Ie tradizioni schiaviste e mercantili della Roma antica, riprese nelle sovrastrutture dell'Italia affarista e banchiera del nascente capitalismo, hanno trovato prolungamento negli Stati Uniti, passando per il Portogallo, paese aperto sulla distesa atlantica e dalla storia inseparabile da quella dell'Italia.[12] Sotto la sua sferza, lo schiavismo ha fatto comunella col capitalismo assumendo una estensione mondiale [13] per rifornire di manodopera nera il Nuovo Mondo, Nord e Sud, con i bastioni principali degli USA e del Brasile, a supporto dell'emigrazione Italiana, irlandese, polacca, ecc., incapace da sola di saziare il mostro capitalista che correva dall'Australia all'America in un demoniaco giro del mondo.
V'è dunque esempio più chiaro dell'Italia per dimostrare che il fattore nazionale è di natura progressiva strettamente momentanea, essendo anche un limite del capitalismo che introduce la sua produzione nazione dopo nazione, ossia ogni volta su un limitato lembo di territorio? ...

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[1] - Cf. Engels, Introduzione del 1875-76 alla Dialettica della Natura.
[2] - Come e risaputo, più elevata e I'altezza, più dura e la caduta, e a questo proposito Marx dice sull'Olanda, la Svizzera e la Danimarca ecc.: "Oggigiorno non c'e situazione peggiore di quella di un piccolo paese che ha dietro di se una grande storia". Tutte queste nazioni non hanno infatti effettuato che con ritardo la loro unita nazionale (alla metd del XIX secolo) e senza grandezza rivoluzionaria — il che marca fortemente la classe borghese al potere con la sua appendice piccolo-borghese. L'apogeo del Comuni Italiani non apri tanto una crisi violenta quanta un marasma, con la mediocrita, la pusillanimità e I'abiUtd di cavarsela nelle faccende private e nell'ambiente gretto del provincialismo.
[3] - Cf. Engels, La decadenza del feudalesimo e lo sviluppo della borghesia, annesso ai lavori sull’AntiDuhring.
[4] - Esso in fondo sta in ciò: finché racchiude ancora nel suo seno potenzialità rivoluzionarie, la borghesia soppianterà ipso facto il proletariato in una controrivoluzione schiacciando i tentativi rivoluzionari degli operai volti a strapparle il potere nella società. Essa è di pari forza rispetto al proletariato nelle lotte sociali contro il feudalesimo. Questa dialettica è spiegata nella citazione seguente che descrive Ie lotte rivoluzionarie preludio al 1848: "Cosi termina l’anno trascorso, e con esso una serie di vittorie per i partiti progressisti di quasi tutti i paesi. Anche là dove sono stati battuti, la sconfitta li ha aiutati a progredire più di quanto avrebbe fatto la vittoria immediata.", cf. Engels, I movimenti del 1847 in Deutsche Briisseler Zeitung, 23.1.1848. Se gli operai erano provvisoriamente battuti, il movimento in senso progressivo borghese nondimeno continuava.
Sull'attuale dialettica tra controrivoluzione e rivoluzione nella fase della crisi del capitalismo divenuta generate dopo il 1975, cf. La crisi storica del capitale drogato, Edizioni 79/7.5, cap. Il sovvertitore sovvertito, p. 156-63.
Essendo il terreno storico d'elezione per la controrivoluzione, l’Italia ha permesso analisi particolarmente incisive sul rapporto tra rivoluzione e controrivoluzione condotte dal gruppo rivoluzionario che fondò il Partito comunista d’Italia a Livorno e seppe difendere I'integrità del programma comunista oltre la degenerazione di tutta la Terza Internazionale. Nella monografia riprenderemo su questo tema intere parti della sua opera teorica senza nulla cambiarvi.
[5] - L'azione nazionale, inizialmente rivoluzionaria, della borghesia, ossia l’instaurazione sotto la sua direzione più o meno assicurata di un modo di produzione superiore a quelli precapitalistici trova dunque la sua giustificazione limitata, TEMPORANEA, agli occhi del marxismo, per la classe operaia, Ie cui fila ingrossano man mano che il capitale si sostituisce al feudalesimo nella produzione: "Continuate pure a lottare con animo, egregi signori del capitate! Per ora abbiamo bisogno di voi, qua e là il vostro potere ci è persino necessario. Dovete sgombrarci il campo dalle forme patriarcali [precapitaliste], dovete centralizzate, dovete trasformare per noi in veri proletari, in reclute, tutte Ie classi più o meno possidenti, con Ie vostre fabbriche e Ie vostre relazioni commercial! Dovete fornirci la base e i mezzi materiali di cui il proletariato ha bisogno per liberarsi. Come compenso, terrete il potere per breve tempo" (Engels, I movimenti del 1847, in Deutsche Briisseler Zeitung, 23 gennaio 1848). Infatti, "lo sviluppo del proletariato industriale è anzitutto subordinato a quello della borghesia industriale. Soltanto sotto il suo dominio esso comincia ad acquistare una consistenza che si estende a tutta la nazione" (Marx).
[6] - La formazione, da un paese all'altro, delle nuove nazioni capitalistiche ritarda, nelle prime arrivate, la possibilità di rovesciare stabilmente la borghesia al potere. Perciò si pone l’angosciante problema formulato da Marx: "Può il socialismo vincere e non sarà necessariamente soffocato in questo piccolo angolo di mondo, dato che il movimento della società borghese è ancora ascendente su un'area molto maggiore? " (Marx a Engels, 8.10.1858). L'analisi storica lo aveva indotto a pronosticare che "I'umanità non poteva compiere il proprio destino senza una profonda rivoluzione nei rapporti sociali dell’Asia" (Marx, La dominazione britannica in India, in New York Tribune, 10.6.1853). - Agli albori del capitalismo la borghesia si trovava di fronte al medesimo angosciante problema, poiché in Italia il capitalismo era impiantato in alcuni punti e regioni, mentre il feudalesimo non poteva essere rovesciato non avendo ancora esaurito tutte Ie sue potenzialità positive, ossia la difesa dagli invasori stranieri (Unni, Mongoli, Arabi, ecc.) dei produttori agricoli e degli artigiani delle città mercantili ad opera di una casta militare a ciò incaricata.
Ora, la sintesi internazionale di questa forma militare era rappresentata dalla Chiesa cattolica universale poiché organizzava la difesa alla scala del continente del feudalesimo intero. Allorché la borghesia cominciò a mettere in piedi i primi centri di dominio politico nella penisola, il suo ruolo positivo non era ancora terminato, come risulta dal fatto che nella stessa epoca la Chiesa organizzò Ie Crociate per respingere gli Arabi dal Mediterraneo settentrionale e occidentale, ecc. consentendo in tal modo alla cattolicissima Spagna e al Portogallo di unificarsi in nazioni raccogliendo l’eredità dell'Italia sull'Oceano Atlantico, man mano che la morsa araba nella penisola iberica si andava allentando. Tale questione sarà alla base della lunga lotta tra Guelfi e Ghibellini, alla quale è legato il nome di Dante.
[7] - Cf. Russia e rivoluzione nella teoria marxista, in Il Programma comunista, 1954- 55.
[8] - Questa prima monografia su cui sboccano le Forme si intitola Schieramento delle forze gigantesche in urto nell'attuale crisi della società borghese, che prelude all'estensione della rivoluzione dei continenti di colore alle metropoli secondo lo schema classico elaborate da Marx-Engels per la rivoluzione doppia del 1848-49 nelle ultime pagine del Manifesto. Essa si suddivide in due parti: 1. Accelerazione della storia tramite lo sviluppo e la concentrazione continua delle forze produttive in opposizione alla crescente sclerosi delle strutture e dei rapporti della societa di classe capitalista. e 2. Periodizzazione e localizzazione delle forze in urto nell'attuale crisi che segna la fine catastrofica dell'ignobile sistema capitalista in una lotta da giganti tra la controrivoluzione, diretta dalla centrale yankee in preda alle peggiori lacerazioni interimperialiste con le sue guerre locali e generali, e la rivoluzione comunista del proletariato mondiale diretta dal suo partito marxista.
[9] - Cf. Engels, Ie Ragioni dell’inattività dei proletari francesi, in Notes to the Peoples, 21.2.1852.
[10] - Engels porta un altro esempio, quello della Svizzera che ha sfruttato a fondo la funzione militare assunta nella Germania meridionale. Questa guardia di frontiera e baluardo della Germania, da cui si era staccata quando quest'ultima si trovò in difficoltà, con Ie sue lotte di liberazione fu indotta ad impiegare nuovi metodi e nuove armi altamente micidiali per i suoi avversari sclerotizzati in una secolare arte militare. In seguito, la Svizzera rifornì di mercenari tutti gli eserciti delle monarchie assolute europee in perpetua guerra - e il loro soldo permetteva alle famiglie rimaste nel paese d'origine di vivacchiare in maniera piccolo-borghese, sviluppando lo spirito filisteo della famiglia e dell'ordine di una società conservatrice. Cf. II marxismo e la questione militare. 3. Passaggio al feudalesimo e suo declino, cap. Sul contadiname parcellare e la sua arte militare, pp. 96-99, in Fil du Temps, n.10.
[11] - Cf. New York Tribune, 17.5.1860, in Marx-Engels, Sul Risorgimento Italiano, Ed. Riuniti, 1979, p. 357-59.
La Sicilia, il cui popolo è stato più volte gettato in catene e schiavizzato, ma ogni volta è insorto e si è ribellato, è nella stessa Italia la regione più tipicamente oppressa - e dopo il Risorgimento, che ha dato la preminenza al Nord, l’intero Sud l’ha raggiunta. E' una specie di Irlanda all'interno dell'Italia, ma questa "colonia" non è affatto precapitalistica. Essa è al contrario un puro prodotto del capitalismo, come l’odierno Terzo Mondo, che nel corso di questo dopoguerra ha portato a termine la sua rivoluzione nazionale un paese dopo l’altro, soffrendo sempre di tutti i mali del capitalismo senza condividerne i vantaggi (non parliamo qui del ristretto numero delle loro cricche dominanti).
[12] - " Questo paese di antico capitalismo è stato anch'esso, come la Spagna, uno dei paesi di punta nella corsa al fascismo, che altro non è se non la forma totalitaria del capitalismo senile. Anche in questo i primi capitalismi hanno battuto quelli più giovani, poiché l'America non vi è giunta, per estenderlo al mondo intero, che al momento della sua vittoria sul... fascismo tedesco e Italiano, che essa voleva soppiantare e vincere utilizzando Ie sue stesse armi e i suoi stessi metodi.
[13] - Così, mentre il capitalismo realizza nelle metropoli lo sfruttamento salariale - regime di oppressione assicurato da una duplice mistificazione: quella della nazione e quella dello scambio equo sul mercato del lavoro tra operaio e padrone - I'insaziabile mostro capitalista si precipita sui popoli di colore per ridurli in schiavitù.

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